La sola continuità sempre garantita è quella della burocrazia

«La Legge sulla “Buona Scuola” – scrive Flavio Fogarolo – aveva tra i suoi obiettivi nientemeno che “la revisione dei criteri di inserimento nei ruoli per il sostegno didattico, al fine di garantire la continuità del diritto allo studio degli alunni con disabilità”. Nulla di tutto questo, però, si trova nel relativo Decreto Legislativo sull’inclusione, approvato quattro mesi fa, e anche quella parte di esso che avrebbe potuto portare a una maggiore continuità rispetto agli insegnanti precari, è tuttora bloccata dalla mancata emanazione del necessario Decreto Ministeriale»

Insegnante di sostegno con due allievi

Un’insegnante di sostegno con due allievi

Aveva creato molte aspettative nelle famiglie l’articolo 14 del recente Decreto Legislativo 66/17 sull’inclusione, che consentiva ai Dirigenti Scolastici di confermare per un altro anno sullo stesso posto gli insegnanti di sostegno a tempo determinato, qualora questa scelta fossa stata ritenuta «nell’interesse dell’alunno».
In alcune Regioni, infatti, oltre la metà degli insegnanti di sostegno sono non specializzati e assunti quindi per forza con contratto annuale. Ne consegue che le famiglie si trovano ad avere a che fare ogni anno con persone diverse, con enormi problemi, soprattutto quando la disabilità richiede specifiche competenze, che in qualche modo, con formazione e supporto, possono anche essere acquisite mentre si opera, ma è chiaro che tutto viene vanificato se ogni anno si deve ricominciare da capo.
Il nuovo Decreto consentiva finalmente di superare il problema, con una soluzione semplice e a costo zero: se un insegnante ha lavorato bene, e tutti sono soddisfatti, se il posto è rimasto libero e non c’è nessuno specializzato che chiede di occuparlo, già il primo giorno di lezione la scuola gli telefona e gli propone un nuovo contratto annuale. Inoltre il Decreto 66/17 è già pienamente in vigore e l’articolo 14 non è tra quelli che hanno una decorrenza posticipata.
Tutto bene, quindi? Almeno in questi casi la continuità è finalmente garantita? Troppo bello. E troppo semplice.

Accade infatti che – anche se non vincolato da decorrenze particolari – l’articolo 14, comma 3 del Decreto 66/17 preveda un certo codicillo: «Le modalità attuative del presente comma sono definite con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca da adottare ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, anche apportando le necessarie modificazioni al regolamento di cui al decreto del Ministro della pubblica istruzione 13 giugno 2007, n. 131».
Ebbene, dopo quattro mesi dall’approvazione e dalla relativa pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, di questo Decreto Ministeriale non vi è ancora traccia e quindi tutto è bloccato. I Dirigenti Scolastici non hanno avuto alcuna indicazione ufficiale e ai genitori che arrivano con la richiesta di continuità non sanno che rispondere. Sanno però benissimo cosa fare: continuare come prima, seguendo le “sacre graduatorie” che mandano le persone da una parte all’altra in base a mezzo punto in più o in meno, infischiandosene dei bisogni degli alunni.
Alcuni sindacati si sono già mobilitati in tal senso con lettere di diffida ai Dirigenti Scolastici: «Non sognatevi di nominare sui posti di sostegno ignorando le graduatorie, il Decreto 66/17 non vale niente, finché non cambia il regolamento sulle supplenze»!
Nel frattempo gli insegnanti che dovrebbero avere la riconferma scelgono un posto in un’altra scuola, se viene loro offerto, e quindi di fatto la possibilità di tornare con lo stesso alunno è già svanita.

Facciamo un passo indietro. Il Decreto 66/17 sull’inclusione era previsto dalla Legge 107/15 (la famosa Buona Scuola), la quale aveva tra i suoi obiettivi nientemeno che «la revisione dei criteri di inserimento nei ruoli per il sostegno didattico, al fine di garantire la continuità del diritto allo studio degli alunni con disabilità, in modo da rendere possibile allo studente di fruire dello stesso insegnante di sostegno per l’intero ordine o grado di istruzione» (articolo 1, comma 181/c/2).
Nulla di questo, però, si trova nel Decreto 66/17 approvato lo scorso maggio: per gli insegnanti a tempo indeterminato non cambia niente, né riguardo i vincoli di permanenza nel sostegno, né per l’ordinaria mobilità. Ma in compenso si interviene sul personale precario, offrendo qualche spiraglio di continuità con il citato comma 3 dell’articolo 14. Come è possibile che adesso neppure questo venga reso effettivamente praticabile? Perché nessuno si muove a difendere i diritti degli alunni con disabilità e delle loro famiglie?

C’è anche il comma 4 dello stesso articolo 14 che dovrebbe ridurre il frequente carosello degli insegnanti durante l’anno scolastico: «Al fine di garantire la continuità didattica durante l’anno scolastico, si applica l’articolo 461 del testo unico di cui al decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297». Testo criptico, come si conviene a un Decreto Legislativo che si rispetti, per cui serve un richiamo al Decreto citato, che all’articolo 461 dice: «Non si dà luogo a spostamenti di personale dopo il ventesimo giorno dall’inizio dell’anno scolastico, anche se riguardano movimenti limitati all’anno scolastico medesimo e anche se concernenti personale delle dotazioni organiche aggiuntive».
Questa norma, quindi, dovrebbe porre fine alla farsa delle nomine «fino ad aventi diritto», fatte su graduatorie provvisorie, con nuove assunzioni a novembre-dicembre, quando escono quelle definitive. E genitori che danno in escandescenza, ovviamente. Ma se è una norma in vigore dal 1994, perché non è stata rispettata finora? Quali altre resistenze dovremo aspettarci in nome della “sacralità delle graduatorie”?

Formatore.

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