Perché non estendere lo screening neonatale anche alle malattie lisosomiali?

«Senza lo screening neonatale per le malattie lisosomiali, molte famiglie non potranno ricevere una diagnosi tempestiva per i figli e dovranno dapprima affrontare una lunga odissea diagnostica e subire poi le conseguenze drammatiche e irreversibili di una diagnosi tardiva»: lo dichiarano le Presidenti dell’AIAF (Associazione Italiana Anderson-Fabry) e dell’AIG (Associazione Italiana Gaucher), che hanno inviato una lettera ai principali responsabili istituzionali, lamentando appunto il mancato inserimento delle malattie lisosomiali tra quelle cui verrà garantito lo screening neonatale esteso

Esecuzione di uno screening neonatale allargato

Lo screening neonatale è un semplice esame non invasivo, che si svolge tramite un piccolo prelievo di sangue dai piedini del neonato. Esso consente di diagnosticare con assoluta precocità numerose Malattie Rare, ma curabili

«Abbiamo appreso con gioia che si sta concludendo il percorso che porterà all’inclusione della SMA (atrofia muscolare spinale) nel panel dello screening neonatale esteso. Una gioia, però, offuscata dagli incomprensibili ritardi che l’inserimento di altre patologie genetiche rare, tra cui le malattie lisosomiali, sta subendo, nonostante la Legge di Bilancio per il 2019 (Legge 145/18, articolo 1, comma 544) avesse modificato la precedente Legge 167/16, estendendo lo screening neonatale alle malattie neuromuscolari genetiche, alle immunodeficienze congenite severe e alle malattie da accumulo lisosomiale»: inizia così la lettera inviata dall’AIAF (Associazione Italiana Anderson-Fabry) e dall’AIG (Associazione Italiana Gaucher), al ministro della Salute Speranza, al sottosegretario alla Salute Sileri, responsabile per le Malattie Rare, nonché al Gruppo di Lavoro per lo Screening Neonatale Esteso e ai membri del Governo, del Senato e della Camera.

«Le nostre organizzazioni – si legge ancora nella lettera -, che supportano i pazienti con malattia di Anderson-Fabry e malattia di Gaucher, sono impegnate ormai da anni in iniziative di sensibilizzazione nei confronti delle Istituzioni per l’inserimento nel panel di queste patologie e hanno recentemente collaborato, insieme ad oltre quaranta esperti, tra clinici e associazioni, alla stesura del Quaderno SNE, realizzato insieme all’OMAR (Osservatorio Malattie Rare) con l’obiettivo di fornire al Ministero della Salute, alle Istituzioni e al Gruppo di Lavoro per lo Screening Neonatale Esteso, nominato nel novembre 2020, uno strumento che potesse agevolarne il lavoro per giungere all’aggiornamento del panel nel più breve tempo possibile. Purtroppo, a fronte del nostro costante impegno, ad oggi riscontriamo ben pochi risultati».

In realtà, come viene sottolineato dalle due Associazioni, «sono molti gli elementi a favore dell’estensione dello screening neonatale esteso alle malattie lisosomiali: si tratta infatti di patologie altrimenti difficilmente riconoscibili e la diagnosi, purtroppo, arriva spesso quando è ormai troppo tardi e il loro decorso comporta conseguenze molto gravi anche in tempi brevi. Inoltre, per queste malattie esistono terapie efficaci ed è possibile un test di screening affidabile e a basso costo».

«Da anni – prosegue la lettera – si parla di screening neonatale per le malattie da accumulo lisosomiale e molto si è detto sulla sua efficacia nel garantire una migliore qualità di vita ai pazienti. La possibilità di iniziare tempestivamente il trattamento terapeutico grazie alla diagnosi precoce permette di ridurre o addirittura eliminare gli effetti di queste patologie, che nel loro sviluppo portano a danni permanenti e irreversibili al sistema nervoso, disabilità intellettive, fisiche e dello sviluppo, e in alcuni casi alla morte o a un’importante riduzione dell’aspettativa di vita. La diagnosi tardiva, in alcune di queste patologie, si misura spesso in lustri, se non in decine di anni. E questo ha costi altissimi. Né va dimenticato il costo sociale e sanitario collegato all’odissea diagnostica di un paziente che, senza lo screening neonatale, non riesce a trovare una diagnosi. Non esistono quindi motivi validi per cui queste patologie non vengano inserite nel programma nazionale di screening neonatale. Le evidenze scientifiche, l’urgenza di dare una possibile risposta di cura a tutti i neonati che nasceranno, la necessità di evitare disparità di trattamento tra una Regione e un’altra e, infine, la possibilità di migliorare i percorsi di cura e incrementare la ricerca come ricaduta naturale dell’aumento dei bambini identificati, chiamano ora più che mai la politica alle sue responsabilità».

«Ci auguriamo pertanto di ricevere presto una risposta – dichiarano a una voce Stefania Tobaldini e Fernanda Torquati, presidenti rispettivamente di AIAS e AIG -. Infatti, ogni giorno trascorso senza lo screening neonatale per queste malattie significa sofferenza e disperazione in moltissime famiglie italiane, che non potranno ricevere una diagnosi tempestiva per i propri figli e si troveranno ad affrontare dapprima un’odissea diagnostica che si protrarrà per anni e a subire le conseguenze drammatiche e irreversibili di una diagnosi tardiva». (S.B.)

Per ogni ulteriore informazione e approfondimento:
° AIAF: Giuliana Valerio (info3@presscomunicazione.com)
° AIG: Giulia Bergami (giulia.bergami@yahoo.it)

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