A dibatter di riso e sorriso

«Parlando e lasciando parlare alcuni colleghi giornalisti di riso e sorriso sulla disabilità – scrive Antonio Giuseppe Malafarina – riusciremo a fare intendere che più che ridere delle persone con disabilità è meglio ridere con loro? E che della disabilità in sé non si ride, mentre le persone con disabilità possono essere ilari loro stesse e persino essere prese in giro, come tutti?»

Disegno di Paolo Marengo in esclusiva per «DM», giornale della UILDM (Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare). Per gentile concessione

Secondo Simone Fanti, «la disabilità è un nervo scoperto della società, che si indigna a parole, ma nei fatti non agisce» (il disegno è di Paolo Marengo, realizzato in esclusiva per «DM», giornale della UILDM-Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare. Viene qui riprodotto per gentile concessione)

Da bambino ero un po’ timido. Dipendeva anche dalla mia conformazione fisica, che mi vedeva grassottello, quindi naturale bersaglio delle ingiurie dei compagni di scuola. Non andavo all’oratorio perché ci trovavo gli stessi insulsi figli di buona famiglia, belli, ricchi e perfetti nelle loro case di periferia, ma ero forte dentro e avevo migliori passatempi.
Sul finire delle medie imparai a prendermi in giro. In fondo era facile: bastava diventare un po’ “bastardo dentro” contro di me, come altri con me riuscivano ad esserlo benissimo. Gli insulti calarono. Portandosi giù anche le risate di quelli che godevano della malsana delizia di prendere di mira i difetti altrui. Come se oggi un Ezio Bosso qualunque replicasse al primo Spinoza che capita e la gente ammutolisse incantata. Tanto per dire…

Ezio Bosso – per capire di cosa stiamo parlando – è il noto compositore e pianista esibitosi al Festival di Sanremo e proprio in quell’occasione, ormai è cosa nota, è veramente stato fatto oggetto di presa in giro per un suo difetto dal blog Spinoza.it, entità satirica astratta che esprime oracoli attraverso internet. Solo che la gente non è rimasta propriamente muta. E, a dire il vero, c’è difetto e difetto. Quello di Spinoza attribuito a Bosso era la pettinatura [la battuta di Spinoza era stata: “È davvero commovente vedere come anche una persona con una grave disabilità possa avere una pettinatura da coglione”, cui Bosso aveva risposto: “Perché cerco di pettinarmi da solo”, N.d.R.] e il mutismo mancato si è scatenato più che altro sul diritto di quel blog a prendersi gioco di una persona con disabilità. E così facendo si è eretto un monumento a difesa del diritto delle persone disabili ad essere trattate diversamente dalle altre. Non un monumento qualunque: un cenotafio delle cause dei buoni propositi!

Personalmente sono anni che mi prendo in giro, e in ogni caso, evitare che una persona con disabilità venga presa in giro non corrisponde ad estraniarla dalla cosiddetta normalità? Secondo me sì.
Sul “caso Bosso-Spinoza” ci siamo confrontati molto nella redazione di InVisibili, il blog del «Corriere della Sera.it» che accoglie i miei scritti. Suonandocele civilmente. Siamo arrivati a parlare di satira e ognuno ha detto la sua. Io mi sono candidato a scriverne e da chi non aveva espresso parere l’ho espressamente preteso. InVisibili, infatti, è un blog corale e democratico. E a volte ha tempi di reazione lunghi. Non perché siamo lenti, ma perché il tempo arricchisce la notizia di notizie.

Ma torniamo a Bosso-Spinoza, per dare voce ai colleghi. Alessandro Cannavò è stato quello che ha lanciato il sasso, inducendoci a discutere il caso e apprezzando il pensiero alla base di Spinoza: prendere in giro Bosso è trattarlo alla pari di tutti.
Anche Marco Piazza sta con Spinoza, sostenendo che la scelta di fare ironia su una persona con disabilità come il compositore è stata coraggiosa e che – soprattutto grazie alla replica di Bosso, che ha portato lo stesso Spinoza a dichiarare di avere aumentato la sua stima verso di lui -, la diatriba è stata un modo intelligente per sdrammatizzare la disabilità.
Pure Luca Mattiucci, infine, è del parere che ci voglia coraggio a fare ironia sulla disabilità nel Paese del “politicamente corretto”. E cristallizza un pensiero: il modo migliore per trattare la diversità è mostrarla in tutta la sua normalità.

Dai “buoni” passiamo ai “cattivi”. Passiamo cioè ai colleghi che hanno un pensiero più capriccioso, elaborato, sull’oggetto del contendere. Per Claudio Arrigoni, ad esempio, il «tutto si può dire perché faccio satira» per lui sa quasi di un alibi. La battuta di Spinoza apparentemente lo soddisfa perché mette sullo stesso piano tutti, a parte la parolaccia, che non comprende perché debba per forza essere inserita nella battuta. Ma poi apre gli occhi un po’ a tutti, facendo notare che nella battuta di Spinoza si mette in evidenza la disabilità di Bosso e questo annulla l’apparente parità di trattamento fra persona con disabilità e non.
Dal canto suo, Simonetta Morelli solleva la questione del contesto, dicendo che in Italia includere sulla base di frizzi e lazzi è durissima. Per lei è a causa del malessere generalizzato riguardo alle persone con disabilità che in molti si sono scandalizzati della battuta.
Su posizioni analoghe è Simone Fanti, secondo il quale la disabilità è un nervo scoperto della società, che si indigna a parole e nei fatti non agisce. E poi, ricordando come lui sia il primo a prendersi in giro con i colleghi, offrendo loro la possibilità di capire come ci si comporti con una persona con disabilità, sottolinea che l’ironia sta in una battuta, in un guizzo intelligente o sottile che impegna il cervello a trovare la controrisposta.

Beh, ne abbiamo dette tante, no? E abbiamo voluto riportarle per aiutare i Lettori a comprendere. Con un filo di presunzione, forse. Il tanto che basta ad esporci a qualche critica. Il minimo sindacale per essere bersaglio del pubblico ludibrio.
Riusciremo a fare intendere che più che ridere delle persone con disabilità è meglio ridere con loro? E che della disabilità in sé non si ride, mentre delle persone con disabilità sì? Della sclerosi multipla, di un disagio mentale, di una paralisi o di una zoppia non c’è molto da ridere. Sono cose dolorose che non possono destare ilarità a uno schiocco di dita. Però le persone che le portano con sé possono essere ilari loro stesse e possono persino essere prese in giro, come tutti. Perché l’ironia è quella figura retorica dal sorriso tagliente che dice una cosa dicendone il contrario, per essere afferrata dai più acuti, a beffe delle aberrazioni di ognuno. E chi non ne ha?

Testo già apparso in “InVisibili”, blog del «Corriere della Sera.it», con il titolo “Un sorriso, per piacere”, e qui ripreso con minimi riadattamenti al diverso contenitore, per gentile concessione.

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