Accacadabra

«La potenza insita nel linguaggio (delle persone con disabilità), per risollevarsi dalla propria situazione»: è questo il tema della nuova “incursione” di Gianni Minasso nella nostra rubrica “A 32 denti (Sorridere è lecito, approvare è cortesia)”, all’insegna, come sempre, dell’ironia, del grottesco e talora della comicità più o meno involontaria che, come ogni altra faccenda umana, può riguardare anche il mondo della disabilità

Segnael stradale di "pericolo disabili", con scritta "Attenzione disabili incantatori" (realizzazione grafica di Gianni Minasso)

Realizzazione grafica di Gianni Minasso

Lo avrebbe detto anche Jacques II de Chabannes de La Palice: la condizione di handicap procura innumerevoli svantaggi a chi se ne ammanta! A volte, tuttavia, questa posizione di inferiorità, checché ne preveda la famigerata Inclusione, può essere sfruttata per risollevarsi leggermente dal pantano. I modi per compiere quest’operazione sono tanti, uno che sovente passa inosservato è la potenza insita nel linguaggio.
Mi spiego meglio. Sfruttando la speciale attenzione con cui i normodotati considerano (volenti o nolenti) i “diversamente stufi di stare in carrozzina”, diventa possibile per questi ultimi trarsi d’impaccio in alcuni frangenti perigliosi. Basta pronunciare alcune (magiche) paroline e come d’incanto la questione sollevata dal portatore di normalità si scioglierà come un ghiacciolo in mano a Lucifero.
Risulta più facile a farsi che a dirsi, quindi ecco alcuni esempi accompagnati da una speciale raccomandazione per chi, come noi, fa il disabile h24: non abusate di questa risorsa trasformandola in un altro ingiusto privilegio. Amen.

Siamo seduti nella nostra comoda carrozzina superaccessoriata, quando la cassiera del supermercato ci fa segno di bypassare la folta coda superando tutti. Dalla fila si alzano alcuni mugugni, però la difesa è facile: «Scusate, lo faccio controvoglia [non è vero! N.d.A.], ma la legge vuole così, se no poi cazziano a sangue l’addetta». Come d’incanto gli astanti s’acquieteranno, mettendo la “coda” (appunto) tra le gambe.

Adesso spostiamo indietro le lancette dell’orologio: sempre accoccolati nella sedia a rotelle, siamo ridiventati ragazzi e ci troviamo, interrogati, davanti al prof di storia. «Pietro Micca!» è appena stata la nostra risposta alla domanda su chi era il famoso esiliato di Sant’Elena e quindi dobbiamo fronteggiare la sacrosanta reprimenda dell’autorità scolastica. Tuttavia non c’è alcun problema: è sufficiente trincerarsi dietro fumosi malori patiti il pomeriggio precedente e il gioco è fatto, la sufficienza (immeritata) atterra pietosa sul registro di fianco al nostro nome.

In un soffio ritorniamo ai giorni nostri, di fronte all’Assessore ai Trasporti, proprio mentre ci sta spiegando perché i tagli al bilancio comunale colpiranno presto e duramente anche il settore della disabilità. Probabilmente basterà estrarre dal cilindro il coniglio della minaccia di far intervenire le potenti e battagliere associazioni di categoria, come C-Acca (Comitato Handicap), SCEMI (Società Contro l’Emarginazione dei Motulesi Italiani), COPUL-azione (Combattiamo Ovunque Pro Usacarrozzine Limitati), e la speranza di evitare il massacro tornerà a brillare.

Una situazione non eccessivamente pericolosa, ma di sicuro tra le più frequenti, è il classico invito poco interessante: andare al capezzale della zia Pina malata, partecipare a un matrimonio di antipatici conoscenti, presenziare a un tavolo di concertazione e via via annoiandosi. Ebbene, anche in questi casi esiste la panacea verbale, riassumibile nella frase «Guarda, verrei proprio volentieri ma ci sono degli scalini!». Non è detto che funzioni sempre, perché magari il luogo incriminato è “disgraziatamente” privo di barriere architettoniche, ma la statistica è con noi, in quanto dappertutto l’accessibilità resta spesso più latitante di un boss della ’ndrangheta.

Per noi handicappati la partita di calcio o il concerto gratis è un must inviolabile. E fin qui non ci piove. Piuttosto siamo costretti a sfoderare il nostro fascino linguistico quando vogliamo far entrare con noi due o più (si fa per dire) accompagnatori a sbafo. Allora il piffero magico con cui incantare il cobra-bigliettaio intona questa melodia: «Scusi, ma io ho assolutamente bisogno di essere assistito, e poi ogni giorno sono già vittima di diverse forme di discriminazione a causa della mia disabilità. Vuole contribuire anche lei?». Forse i tornelli non si apriranno lo stesso, tuttavia volete mettere la soddisfazione di umiliare chi non ne può niente…

Le rare volte in cui siamo da soli in strada, a farci i benedetti cavoli nostri, può capitare di aver bisogno dell’estemporaneo aiuto di un passante (che so, per raccattare la canna precipitata a terra o per aprire una lattina di birra). Sfruttando l’elemento sorpresa dei malcapitati pedoni, risulta facile, e soprattutto divertente, procedere con la Supercazzora, seguendo le regole auree del film Amici miei. Per esempio: «Tarapia tapioco l’auto mutuo aiuto, ma potrebbe raccogliermi il telefonino come se fosse un antani resiliente col brematuro scappellamento della domotica?».

La fisiatra, al cui cospetto ci siamo presentati stamattina, si sta incavolando come uno squalo bianco che in un mese ha mangiato solo una scatoletta di tonno da ottanta grammi. Infatti, dopo le prescrizioni dell’ultimo anno comprendenti standy, carrozzina manuale, cuscino antidecubito, sollevatore e comoda per la doccia, adesso le stiamo chiedendo un rialzo per il WC. Per evitare l’esplosione della specialista e ottenere (presumibilmente) l’ennesimo ausilio, sarà utile far leva sulla più smaccata adulazione, rinforzata comunque dall’ostentazione del nostro grave handicap e da un pizzico di pietismo: «Pur essendo dall’altra parte della barricata, lo so che il suo è un mestiere difficile e logorante, che nella sua carriera ha già visto tanti casi simili al mio, che la sua onestà è a tutta prova, ma i miei genitori sono anziani e purtroppo [sic!] non sono un falso invalido».

Sciaguratamente parecchi disabili avvertono l’irresistibile prurito di scrivere a tutti i costi la loro testimonianza. Perciò, una volta pubblicato il loro libercolo (a proprie spese i più sfigati, finanziati da una fondazione gli altri), si tratta di distribuirlo urbi et orbi, impetrando immeritati complimenti (se non almeno il prezzo di copertina). Ma come ottenere gli uni e/o l’altro? Semplice, ci si calerà pari pari in Blade runner, utilizzando il vocabolario del replicante Roy Batty: «Io ne ho viste cose che voi umani non potreste immaginarvi…» e quando lo stupore abbandonerà le vittime sarete ricoperti d’oro e d’incenso.

Infine giungiamo all’eccezione che, pur confermando la regola, vanifica ogni nostra cortina fumogena lessicale, cioè quando sostiamo davanti a un’arcigna Commissione Medica per l’accertamento dell’invalidità. Gli esempi sanguinosi abbondano: anche se la ragione sta dalla nostra parte, possiamo agitare patologie croniche gravi, riabilitazione impossibile, pari diritti negati, qualità della vita scadente, cavilli e codicilli ingiusti e magari anche la Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, ma sarà come voler fermare un Frecciarossa armati di un semplice scacciamosche. Infatti, medici specialisti, sanitari e operatori sociali sono prezzolati dallo stato proprio per restare insensibili al nostro charme e ai nostri Bla bla bla”.
Cicero Prodomomia

Nella colonnina qui a fianco a destra, riportiamo l’elenco dei vari contributi di Gianni Minasso pubblicati da «Superando.it», per la rubrica intitolata A 32 denti (Sorridere è lecito, approvare è cortesia).

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